Manuel, il guerriero della luce

Manuel, il guerriero della luce

“Stringimi anche se questo mondo dovesse finire. Amami che se mai nuovo giorno dovesse arrivare”.

La straordinaria vita Di Manuel, raccontata nel libro “Manuel, il piccolo guerriero della luce” mi ha portato a fare una riflessione, un pensiero: cosa ci rende felici? Sembra che nell’ultimo decennio si è imposto un mandato sociale che ci impone l’obbligo di essere felici a tutti i costi. Non voler soffrire è diventata una parola d’ordine alla quale molti aderiscono senza pensarci due volte. L’analista Ima Sanchis direbbe: “la felicità è diventata uno strumento di tortura”. In un mondo dove si deve nascondere la sofferenza, nessuno si lamenti o mostri segni di pessimismo. Come se tutti fossimo parte di una grande opera teatrale nella quale sia vietato il dolore. Come se tutto d’un tratto avessimo smesso di essere umani. Secondo me, non voler soffrire significa non voler vivere.

Valerio Bocci e Enza Maria Milana, in questo libro ci trasmettono proprio questo, anzi e Manuel che ci insegna che il dolore “serve” per aiutare gli altri, che la preghiera è uno strumento per superare la sofferenza: “La preghiera è un’arma potente come la dinamite” affermava Manuel.

Chi è Manuel? Un bambino di Calatafimi che ama giocare con la sua moto giocattolo nelle trazzere della sua campagna a “Giummarella”, che parla di Gesù, che adora documentarsi della vita dei santi, che si rallegra della compagnia di amici, parenti e compagni di scuola. Un bambino felice e che lo sarà per sempre, un guerriero che all’età di 4 anni si ammala: un tumore. Soffrirà tantissimo  nelle sua stanza del reparto “Di Cristina” di Palermo, ma tutto questo lo renderà sempre più forte. “La sofferenza e l’amore hanno una capacità di redenzione che gli uomini hanno dimenticato o, almeno, trascurato”. (Martin Luther King). La felicità va oltre un successo o un momento di euforia. È molto più che un paio di frasi positive fatte su misura. Riusciamo a essere felici quando impariamo a trarre il meglio da ogni esperienza vissuta. Quando impariamo ad avere fiducia nelle nostre capacità di affrontare, con alti e bassi, quello che ci permette di esistere. La più grande felicità si trova nell’essere, non nel sembrare, e questo il piccolo guerriero l’aveva capito. Il suo “percorso” era pieno e ricco di amore per gli altri, pregava specialmente per i compagni del reparto e per i suoi amici sacerdoti. Un atteggiamento sereno, che riporta pace interiore ed equilibrio.

Jabets invocò il Dio d’Israele dicendo: “Benedicimi ti prego”. Anche Manuel con le sue continue richieste/preghiere a modo suo ha aiutato qualcuno: scriveva invocazioni senza risparmiarsi e amava il prossimo in maniera naturale. “Comprami due regali, cosi il venditore della bancarella  davanti l’ospedale guadagna di più, ha bisogno”. Jabets a un certo punto della sua vita comprende che deve pregare: “Signore, rimuovi i limiti tutto quello che non riesco a fare tu lo conosci, là dove sono limitato tu lo sai, allarga i miei confini, opera in me, fai tu nella mia vita, prendi controllo della mia vita”. Pure Manuel chiedeva a Gesù cosa fare o come comportarsi durante le sue giornate, soprattutto dopo aver ricevuto l’eucaristia giornaliera.

La famiglia ha avuto un ruolo importantissimo e cruciale nella sua vita. Suo fratello e sua sorella, lo adoravano in tutto quello che faceva e per lui hanno volontariamente rinunciato a manifestazioni e  feste di compleanno. ll sorriso e la forza di volontà di Giuseppe, il papà, che ad oggi si sostiene attraverso l’ amore per il suo guerriero: grazie ad un incontro ho percepito tanta serenità di spirito. La presenza della mamma Enza è stata un crocevia pieno di passione: “un cammino dalla terra al cielo” (non l’ho mai incontrata, ma se un giorno dovessi farlo sono certo che vedrei nei suoi occhi la felicità che Manuel trasmetteva per gli altri). Molte frasi, tante situazioni di questo libro mi hanno scosso, ma una frase di Enza che mi è rimasta particolarmente dentro è questa: “Manuel vai da Gesù, vai sereno…”.

Alla domanda: “Come stai?”, “Bene”, questa era sempre la risposta di Manuel, un guerriero dal cuore gentile capace di pensare di donare una rosa a tutte le mamme del suo reparto, abile a far emozionare con le sue parole, i suoi atteggiamenti e i suoi sguardi chiunque facesse parte della sua vita: medici, sacerdoti, amici, compagni di scuola…La forza spirituale di Manuel era davvero unica; “vedeva” di là della morte, con speranza: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate…” (Apocalisse 21,3-5).

Un libro che affronta temi particolari: l’amore per un figlio, la sofferenza, la morte. Ognuno di noi cerca di dare una spiegazione, avere una risposta; Manuel “parlava” con Gesù, “sentiva”…. Madre Teresa di Calcutta sapeva che “Il vero amore deve sempre fare male. Deve essere doloroso amare qualcuno, doloroso lasciare qualcuno. Solo allora si ama sinceramente”.